Buoni pasto non revocabili dal datore di lavoro se riconosciuti a seguito di accordo tra le parti
- Studio Legale Furfari & Smeriglio
- Jan 18, 2023
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Updated: Jan 24, 2023
(App. Milano, sez. lav., sent. n. 809/2022 depositata in data 04.01.2023)

La sentenza in commento è occasionata dalla revoca, disposta unilateralmente dal datore di lavoro, dei buoni pasto riconosciuti al lavoratore in sede di assunzione.
Nello specifico, il rapporto di lavoro con la società convenuta in giudizio era sorto a seguito di trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. con subentro, dunque, della cessionaria al precedente datore di lavoro e nel contratto di lavoro. Il diritto ai buoni pasto (corrisposti in busta paga sotto la voce “indennità sostitutiva mensa”) era stato riconosciuto nell’originario contratto di lavoro (rectius lettera di assunzione) e, a seguito del subentro della cessionaria ex art. 2112 c.c., quest’ultima aveva per anni continuato a corrisponderli fino a quando aveva unilateralmente deciso di sospenderne l’erogazione.
Il lavoratore, dunque, agiva in giudizio dinanzi il Tribunale di Milano, sezione lavoro, rivendicando il diritto a percepire i buoni pasto, ritenendo illegittima l’unilaterale revoca disposta dal datore di lavoro.
All’esito del primo grado di giudizio la domanda veniva rigettata con rimando all’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione (non totalmente pertinente con la fattispecie in esame) con sentenza n. 28 luglio 2020, n. 16135, per la quale i c.d. buoni pasto non hanno natura retributiva ma natura assistenziale, per cui essi sono sempre liberamente revocabili dal datore di lavoro, in quanto frutto di un “atto interno” e non riconosciuti da un accordo sindacale.
Con la recente sentenza n. 809/2022 depositata in data 04.01.2023, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso del lavoratore. Per la Corte, infatti, il lavoratore aveva ormai acquisito il diritto all’indennità sostitutiva mensa in virtù della fonte contrattuale ; trattandosi di emolumento riconosciuto dal contratto individuale di lavoro esso – indipendentemente dalla pacifica natura non retributiva ma solamente assistenziale – non poteva essere derogato se non attraverso una pari pattuizione modificativa dell’originario contratto di lavoro coinvolgente entrambe le parti contrattuali. Laddove, nel caso di specie, il lavoratore si era rifiutato di sottoscrivere un accordo sindacale modificativo del contratto di lavoro e abdicativo dal diritto.
La Corte interpreta, dunque, la pronuncia della Suprema Corte posta a fondamento della sentenza di primo grado nel senso che la revocabilità unilaterale del buono pasto per scelta datoriale si limiti solo alle ipotesi in cui l’emolumento sia stato riconosciuto per atto interno, quindi in assenza di una pattuizione contenuta in un accordo non solo sindacale ma anche individuale.
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